Quali spazi per la musica classica?

Daníel Bjarnason, Nico Muhly, Haushka, Dustin O’Halloran. Sono solo alcuni (l’elenco potrebbe proseguire a lungo!) dei protagonisti attuali della scena classica, molti dei quali provenienti dal mondo della composizione per il cinema o arrivati alla classica dopo i primi passi nel mondo del rock.

Oggi questi personaggi (e altri, di generazioni anche successive alla loro) si trovano nella surreale situazione di non essere riconosciuti per la loro abilità e per i loro contributi artistici. Questo perché mancano spazi a sufficienza per la musica classica che essi propongono.

Un panorama desolante

A parte poche luminose eccezioni, per di più presenti in città dove a parte questi palchi storici mancano strutture più piccole, a misura di emergenti, la situazione italiana è tutt’altro che rosea.

Per assurdo, mentre aumentano i compositori contemporanei e anche le case discografiche investono di più su questo specifico comparto (anche grazie al successo di personaggi come Ludovico Einaudi), mancano i palchi realmente equipaggiati per esibizioni classiche. In estate ci si adatta a esibirsi in esterna, e in inverno si fa con quel che si trova: palazzetti dello sport o teatri per la prosa, molto spesso, perché le poche strutture esistenti sono già impegnate da artisti che fanno cassa.

Come un serpente che si morde la coda, la situazione crea disinteresse per i nuovi artisti classici, emergenti e non, e da qui si origina il disamore dei più giovani per questo genere. Anche qui, escludendo alcune piccole eccezioni – ovviamente.

La nuova legge sullo spettacolo, da poco approvata in Parlamento, dovrebbe aiutare a investire nel settore, ma in realtà temiamo che metterà mano solo a situazioni già esistenti che hanno bisogno di sostegni. Per i nuovi investimenti, l’Italia guarda ad altri settori, non certo alla cultura.

A noi non rimane che fare i pendolari della musica, volando anche all’estero per seguire appuntamenti di livello che da queste parti non arriveranno.